martedì 21 maggio 2013

LE CHIACCHIERE ARRUGGINISCONO LA COMUNITA' CRISTIANA



Omelia di Papa Francesco in Santa Marta a Roma il 18 maggio 2013.
(rassegna stampa da Avvenire del 19 maggio '13)
LE CHIACCHIERE, DANNO PER LA CHIESA Occorre vincere la tentazione di «mischiarsi nella vita degli altri». È questa l'esortazione che papa Francesco ha rivolto ai fedeli presenti alla Messa di questa mattina nella cappella Santa Marta.
Il Pontefice si è soffermato su due modalità di questo mischiarsi nella vita altrui, di fare i «ficcanaso». «La comparazione», quando ci «compariamo con gli altri, finiamo nell'amarezza e anche nell'invidia; ma l'invidia arrugginisce la comunità cristiana, le fa tanto male. E il diavolo vuole quello». La seconda modalità di questa tentazione sono le chiacchiere. Prima si comincia con «modi tanto educati», ma si arriva presto a «spellare il prossimo: quanto si chiacchiera nella Chiesa! Quanto chiacchieriamo noi cristiani! La chiacchiera è proprio spellarsi. Farsi male l'uno all'altro. È come se si volesse diminuire l'altro: invece di crescere io, faccio che l'altro sia più basso in modo da sentirmi più grande. Sembra bello chiacchierare... Non so perché, ma sembra bello. Come le caramelle di miele: tu ne prendi una e poi un'altra, un'altra, un'altra e alla fine ti viene il mal di pancia. La chiacchiera è cosi, è dolce all'inizio e poi ti rovina l'anima. Le chiacchiere sono distruttive nella Chiesa».
In questo modo, ha detto papa Francesco, «diventiamo cristiani di buone maniere e cattive abitudini». Ma come si presenta la chiacchiera, oggi? Di solito in tre modi. «Primo: facciamo disinformazione. Dire soltanto la metà che ci conviene e non l'altra metà che non è conveniente. Secondo: la diffamazione. Quando una persona davvero ha un difetto, ne ha fatta una grossa, raccontarla, "fare il giornalista"... E la fama di questa persona è rovinata. Terzo: la calunnia. Dire cose che non sono vere. Quello è proprio ammazzare il fratello! Tutti e tre - disinformazione, diffamazione e calunnia - sono peccato. Questo è peccato! Questo è dare uno schiaffo a Gesù nella persona dei suoi figli, dei suoi fratelli».
Per questo motivo Gesù ci riprende e ci chiede di seguire lui. Il Signore ci segnala la strada da seguire. «Chiediamo al Signore Gesù che ci dia la grazia di non immischiarci mai nella vita degli altri, di non diventare cristiani di buone maniere e cattive abitudini, di seguire Gesù, di andare dietro Gesù, sulla sua strada», ha concluso papa Francesco.

LA NOSTRA ANALISI LOCALE
Offriamo un nostro contributo partendo dall'analisi del Pontefice che ha dato una lettura concreta di quello che sovente avviene nelle comunità cristiane.
Anche nelle nostre Parrocchie assistiamo a persone, noi compresi, che si affrontano in modo duro negli impegni civili e sociali e contemporaneamente partecipano alla vita nella stessa comunità religiosa senza che questo "legame spirituale" possa contribuire a trovare soluzioni e collaborazioni nel campo delle azioni civili e politiche.
Abbiamo assistito e vissuto sulla nostra pelle di amministratori pubblici e di fedeli partecipi della vita della comunità parrocchiale, al devastante effetto che a Sulbiate negli ultimi 4 anni le chiacchiere e le altre cattive abitudini descritte da Papa Francesco hanno avuto sulle relazioni fra le persone. Molti anni di formazione e di attività all'ombra della Chiesa, molte relazioni apparentemente solide e fondate su principi e attività comuni, si sono sbriciolate sull'onda di chiacchiere e sospetti che hanno diviso prima le persone e poi le strade percorse insieme per anni.

Il momento di rottura è avvenuto sui temi concreti dell'azione civile e sociale. Quando cioè si è chiamati a tradurre in pratica gli insegnamenti religiosi, quando dalla teoria si passa alla concretezza delle scelte, delle risposte, della risoluzione dei problemi, della messa in comune di soluzioni e decisioni complesse. Quando la fede delle prediche cerca di diventare fede vissuta, cioè carità.
Non crediamo di essere esenti da colpe o dalla necessità di fare esami di coscienza.
Siamo però certi che abbiamo sempre fatto il massimo possibile per rispettare i principi dell'etica civica, della trasparenza, del rispetto dei diritti e dei doveri imposti dalle leggi. Abbiamo la tranquillità di avere sempre ricercato e perseguito, pur con tutti i nostri limiti e quelli imposti dalla difficile situazione sociale e politica, gli obiettivi della giustizia e della pace.
Durante questo percorso di servizio civico, che proseguiamo con ferrea volontà e con il costante supporto della gran parte della popolazione, abbiamo improvvisamente scoperto di essere stati abbandonati e non sostenuti da alcune persone vicine e da alcune di esse abbiamo persino ricevuto le tre monete (chiacchiera, diffamazione, calunnia) che racconta con efficacia Papa Francesco.
Le stesse considerazioni possono essere rivolte a noi con il medesimo diritto alla ragione.
Vantiamo però una risposta che non ci è mai stata data nei vari tentativi di chiarimento che abbiamo aperto. Prima di essere scaricato e trattato da avversario per i suoi errori, un "amico travolto nel vortice degli impegni di amministratore pubblico" avrebbe il diritto - per il principio evangelico della "correzione fraterna" - di essere corretto e indirizzato sulla retta via in modo fraterno.
La mancanza di questo passaggio sia personale sia comunitario è un indicatore di un percorso incompleto da riprendere che ci deve fare ritrovare la strada che passa dal dovere prioritario della ricerca dell'unità.
L'unità non significa l'annullamento delle diversità nei vari campi delle scelte politiche, ma sicuramente riguarda - per noi cattolici - il riconoscersi vicendevole della volontà di applicare in concreto, onestamente e senza secondi fini, i principi condivisi in cui crediamo e anche la sicurezza che sempre meno saranno frequentati i vizi della chiacchiera autorevolmente descritti dal nostro Papa.

1 commento:

  1. 18 maggio 2013, Piazza S. Pietro, Veglia di Pentecoste.

    A Papa Francesco viene posta la seguente domanda:
    “… Quale contributo concreto ed efficace possiamo dare alla Chiesa e alla società per affrontare questa grave crisi che tocca l’etica pubblica … il modello di sviluppo, la politica, …?”

    Papa Francesco così risponde:
    “… Vivere il Vangelo è il principale contributo che possiamo dare…
    … la testimonianza dell’amore fraterno, della solidarietà, della condivisione…
    … In questo momento di crisi non possiamo preoccuparci soltanto di noi stessi, chiuderci nella solitudine, nello scoraggiamento, nel senso di impotenza di fronte ai problemi. Non chiudersi, per favore! Questo è un pericolo: ci chiudiamo nella parrocchia, con gli amici, nel movimento, con coloro con i quali pensiamo le stesse cose… ma sapete che cosa succede? Quando la Chiesa diventa chiusa, si ammala, si ammala. Pensate ad una stanza chiusa per un anno; quando tu vai, c’è odore di umidità, ci sono tante cose che non vanno. Una Chiesa chiusa è la stessa cosa: è una Chiesa ammalata. La Chiesa deve uscire da se stessa …

    … Ma che cosa succede se uno esce da se stesso? Può succedere quello che può capitare a tutti quelli che escono di casa e vanno per la strada: un incidente. Ma io vi dico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, incorsa in un incidente, che una Chiesa ammalata per chiusura! Uscite fuori, uscite!...

    … In questa “uscita” è importante andare all’incontro; questa parola per me è molto importante: l’incontro con gli altri …
    … Noi viviamo una cultura dello scontro…
    … Ma noi dobbiamo andare all’incontro e dobbiamo creare con la nostra fede una “cultura dell’incontro”, una cultura dell’amicizia, una cultura dove troviamo fratelli, dove possiamo parlare anche con quelli che non la pensano come noi,…
    …anche con quelli che hanno un’altra fede, che non hanno la stessa fede…
    …Noi dobbiamo diventare cristiani coraggiosi.”


    La vita è fatta di scelte quotidiane.
    In qualsiasi momento, volendo, una nostra scelta può cambiare il corso della nostra vita e delle nostre relazioni. Laddove non ci soddisfano. Laddove le vorremmo diverse, più positive.
    Se si vuole che le nostre relazioni cambino, che la nostra vita cambi, dobbiamo essere noi a cambiare.
    Ad abbandonare comportamenti abituali, prevedibili, ripetitivi, il cui risultato non cambia mai, è sempre lo stesso.
    E ad attivare comportamenti nuovi il cui risultato non è certo. C’è il rischio di sbagliare, e di stare ancora male.
    O di finalmente cambiare in meglio la nostra vita e le nostre relazioni.
    Non è facile, ci vuole coraggio.
    Ma vale la pena tentare, sempre.

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